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Femminismo come forma di Narcisismo Conversazionale

November 25, 2019 By albertov Leave a Comment

Il femminismo è una forma di narcisismo.

Parleremo oggi infatti del cosiddetto “narcisismo conversazionale”, vale a dire il fenomeno per cui, anche quando si parla di questioni non-femminili, il femminismo faccia ruotare tutto comunque attorno alle donne.

Se diciamo, ad esempio: “Gli uomini sono gli unici ad essere obbligati ad andare in guerra tramite la leva, o se sospesa ad essere iscritti alle liste di leva in caso di grave crisi internazionale o attacco al paese”, le femministe sicuramente ci risponderanno:
“Eh ma è una discriminazione contro le donne, perché le donne vengono infantilizzate”.

E se oseremo dire che gli uomini che provano a uscire dai loro ruoli di genere vengono oppressi?
“E’ perché sono visti come femminili, cioè simili alle donne”.

E se parleremo di oppressione degli uomini?
“E’ un colpo di ritorno dell’oppressione delle donne”.

Ovviamente anche noi potremmo dire che l’oppressione delle donne è in realtà oppressione degli uomini perché gli uomini sono ritenuti sacrificabili (1° caso),
perché le donne che escono fuori dai ruoli di genere sono viste come maschili cioè simili agli uomini (2° caso)
o perché è un colpo di ritorno dell’oppressione degli uomini (3° caso),
ma non ci viene nemmeno in mente di farlo.
E perché non ci viene in mente?
Perché il nostro scopo non è volere che gli uomini e le loro questioni siano sempre al centro dell’attenzione (narcisismo) ma semplicemente l’equità.

Il punto è proprio qui, perché è su questo che si gioca tutto.
Il femminismo non è semplicemente lotta per i diritti delle donne, ma è mettere la donna al centro del dibattito di genere.
La donna deve essere sempre il centro dell’attenzione, per cui parlare di questioni maschili viene visto come qualcosa di sbagliato, di minaccioso, non perché la questione sia o meno lecita in sé, ma perché toglie le donne dai “riflettori”.

Infatti il femminismo, anche quando parla di questioni maschili, lo fa sempre in funzione delle donne. Il narcisismo conversazionale serve difatti a far tornare le donne al centro del dibattito.

Quando si parla di questioni maschili quindi il femminismo si sente minacciato perché, essenzialmente, si sente in competizione.
Non è la richiesta in sé che fa preoccupare le femministe, ma è il prendere i riflettori.
I riflettori, secondo il femminismo, devono essere sempre al servizio della donna.
Il femminismo agisce come una bambina viziata che, vedendo il fratellino che riceve le attenzioni dei genitori, urla e sbraita perché le rivuole e si inventa che il fratellino le abbia fatto male ogni volta che i genitori provano a interessarsi a lui.

Ogni forma di interessamento nei confronti dei bisogni maschili viene visto come una minaccia.

Proviamo a fare un esperimento. Prendiamo le forme di femminismo più “aperte” ai diritti degli uomini, quelle che condividono una o due questioni maschili.
Osserviamo i post in cui ne parlano.
Abbiamo forse mai visto uno in cui le donne non vengano citate?
O almeno uno in cui non si cerchi costantemente di riportare l’attenzione principale a loro?
Esiste forse un articolo femminista in cui, parlando di questioni maschili, non si parli anche delle donne?
Ahinoi no.
Perché è su questo fronte il vero scontro.

Lo scontro non è sulla singola questione. La singola questione può pure essere approvata, ma fintanto che si dica che lo si fa per aiutare le donne, per contrastare il patriarcato (avete notato quanto spendono le femministe a rimarcare che il sistema che opprime gli uomini sia lo stesso che opprime le donne, e che per questo vada chiamato patriarcato? Eppure con la stessa logica dovremmo spingerle a chiamarlo anche ginocentrismo, essendo il sistema che opprime le donne lo stesso sistema che opprime gli uomini, visto che A sta a B quanto B sta ad A), per combattere il maschilismo.

Tutto è maschilismo, anche se opprime gli uomini. Ma come può essere maschilismo (oppressione delle donne) se opprime gli uomini? Perché l’attenzione deve essere rivolta alle donne anche quando gli uomini sono colpiti.

Il femminismo vuole che le donne siano sempre al centro dell’attenzione, del dibattito pubblico.
Il fatto stesso che si chiami con il nome di un solo sesso ma dica di combattere per entrambi implica proprio questo.
Implicitamente dice: visto che non posso negare le questioni maschili, le posso almeno far ruotare intorno alle donne, di modo che le questioni femminili abbiano sempre e comunque la priorità.

Il femminismo infatti propone un messaggio contraddittorio, esprime un doppio legame: da un lato dice ‘noi ci occupiamo delle donne, non parlateci di uomini, what about the menzzz’, dall’altro afferma anche che ‘non c’è bisogno del movimento MRA, di parlare di questioni maschili, perché noi ci occupiamo di entrambi’.
Motivo per cui se non parli di femminismo le femministe vengono subito a dire ‘il femminismo parla anche di questo’, ma quando fai notare che le femministe non parlano di questo, rispondono ‘createvi il vostro movimento’.
Ma come, se quando volevamo crearlo ci dicevate che non c’era bisogno, che c’eravate già voi?

L’importanza poi di rimarcare l’essere femminista, l’etichetta di femminismo nel parlare di questioni maschili (“noi parliamo di questioni maschili, non vi servono gli MRA”) in un contesto in cui magari si parla di suicidi maschili, di vittime maschili di violenza, evidenzia ancora di più l’aspetto narcisistico del femminismo.
In quel momento quegli orrori assumono un’importanza secondaria rispetto al rimarcare che chi parla di quelle cose è una femminista.
Il punto del discorso quindi, il centro dell’attenzione, non è più il poveraccio vittima della moglie, è la femminista che “vedi quanto è brava e santa, si occupa anche di questioni maschili?”.
Il focus viene spostato. E con questo spostamento di focus, pericolo scampato. Minaccia sventata.
Il centro dell’attenzione è di nuovo nostro, del movimento per le questioni femminili.

Anche il modo di parlare della violenza è diverso: una madre che uccide i figli è espressione di una richiesta di aiuto, la donna è una poverina che va aiutata ed è la dimostrazione che lo stato se ne frega. Un padre nella stessa posizione invece è brutto sporco e cattivo ed ha agito in questo modo perché premiato dal sistema patriarcale che avalla questi orrori.

Il femminismo parla non di sacrificabilità maschile ma di mascolinità tossica. Non si interessa quindi del “male che la società fa agli uomini” ma del “male che gli uomini fanno alla società”.

Gli uomini non vanno aiutati, vanno rieducati. Questa posizione si può riassumere con la frase:
“Non hai bisogno di aiuto, hai bisogno di regole”.
Gli uomini non devono ricevere servizi di sostegno e assistenza, devono essere rieducati, riprogrammati. Sono tossici.

Sono sicuro che qualcuno dirà: “ma no, è la mascolinità che è tossica, non gli uomini. I loro ruoli di genere”.
Eppure anche qui le femministe parlano di ruoli imposti alle donne e di mascolinità tossica degli uomini.
Le donne sono “le vittime del sistema a cui viene affibiato dall’esterno il peso dei ruoli” e che loro “giammai avallano, ma da cui si vogliono liberare”, mentre per gli uomini i ruoli di genere sono la loro mascolinità, cioè la loro personalità. Non sono vittime del sistema, sono complici attivi che avallano questi ruoli.
Li vogliono, e li esprimono come parte di loro stessi.
Come possiamo ben capire, non è la stessa cosa.

Le femministe vogliono farci credere che un sesso avalli i ruoli e l’altro li rigetti e ne sia imprigionato.
Un sesso è imprigionato dai ruoli, i ruoli gli vengono imposti come catene. L’altro imprigiona gli altri, è “tossico” verso gli altri.

Tossicità infatti viene visto come sinonimo di violenza: gli uomini hanno la mascolinità tossica, quindi sono violenti verso gli altri, sono tossici, non subiscono la “sacrificabilità maschile” come dicono gli MRA, che invece parlano di come la società, di come tutti, sia uomini che donne, siano tossici e violenti verso di loro.

Le stesse femministe parlano di impossibilità di parlare di femminilità tossica perché le donne non sarebbero violente quanto gli uomini.
Secondo le femministe infatti i ruoli di genere renderebbero gli uomini più violenti, e con la violenza essi opprimerebbero le donne.
Secondo gli MRA, invece, i ruoli di genere creano soltanto l’illusione che gli uomini siano più violenti, quando in realtà non lo sono, il che li porta a essere arrestati più spesso, il che a sua volta rafforza nuovamente la falsa idea che gli uomini siano più violenti delle donne anche se non lo sono, in un circolo vizioso che si ripete all’infinito.

Come possiamo notare, quindi, mascolinità tossica e ruoli imposti alle donne sono due concetti completamente diversi tra loro.

Anche idee molto simili quindi lasciano sempre trasparire il narcisismo femminista, per cui le donne devono avere tutta l’attenzione del dibattito pubblico sulle questioni di genere, parlare delle questioni maschili è minaccioso perché leva le donne da questo podio, e pertanto quando non è possibile evitarlo l’attenzione deve tornare alle donne o, come nel caso della mascolinità tossica, si devono scegliere attentamente le parole affinché si lasci trasparire che, anche se entrambi sono vittime, alcune sono più vittime di altre, mentre gli altri sono conniventi e sostenitori del sistema.

Come vediamo, dunque, è questo il campo di battaglia su cui si svolge tutto.
Il punto pertanto non è farsi riconoscere l’una o l’altra questione maschile, perché fintanto che gli uomini non saranno riconosciuti come possibili vittime, fintanto che la condizione maschile non entrerà nel dibattito pubblico, ogni questione risolta sarà sempre controbilanciata da altre 1000 appena sfornate da qualche misandrica.
È come combattere contro l’Idra: se tagliamo una testa, ne spunteranno altre due.

Dobbiamo creare una coscienza di genere, far capire che gli uomini sono una categoria da proteggere.
È questo che permetterà all’Idra di non far ricrescere altre teste.
Io sto scrivendo un documento di oltre 55 pagine sulle varie questioni maschili da risolvere, ed ogni volta che leggo una nuova questione che emerge, io la aggiungo, ma via via che vado avanti, mi rendo conto che è uno sforzo inutile.

Il punto di tutto infatti è che queste questioni esistono non perché i legislatori siano stati sbadati e le abbiano inserite, ma perché gli uomini non sono una categoria che si abbia interesse a proteggere.

Il punto è che se ci focalizziamo sulla singola battaglia, andremo avanti all’infinito.
Il momento in cui, invece, creeremo un dibattito pubblico in cui sarà cosa normale parlare degli uomini come una categoria da proteggere, allora vi assicuro che le discriminazioni maschili andranno a scoppiare come se fossero bolle di sapone in un battito di ciglia.

Per fare questo, però, dobbiamo evitare che le questioni maschili vengano inglobate dal femminismo in una prospettiva narcisistica, perché il femminismo ha interesse che il dibattito pubblico resti incentrato solo sulle donne, pertanto lotterà con le unghie e con i denti per convincerci che anche di fronte a un uomo morto a terra davanti ai nostri occhi, la vera vittima sia una donna.

È questa prospettiva che dobbiamo distruggere. Distrutta questa e ottenuto un minimo di dibattito pubblico che ci permetta di considerare gli uomini come una categoria di interesse, allora avremo vinto.
Allora sarà soltanto questione di tempo prima di vedere la liberazione maschile totale.

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